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Tu lei preside vuoi il caffè?

Posted By: Barvaz
Tu lei preside vuoi il caffè?

Tu lei preside vuoi il caffè? by Luigi Balbi
Italian | 2009 | ISBN: n/a | 207 pages | PDF | 1.4 MB


INCIPIT Avevo appena finito gli esami del primo anno di università ed ero rientrato in paese, quando, inattesa e gradita, mio padre ricevette la visita del maresciallo dei carabinieri. Il sottufficiale volle consegnare personalmente al mio genitore il passaporto a me intestato. Era il primo lasciapassare turistico della zona. E, grazie a quel documento, quell'uccello che era prigioniero nel mio cuore, mise le ali e lasciò la gabbia. In piena notte. Con tante idee, confuse, in testa. E pochi soldi, contati, nelle tasche leggere. Pesanti, invece, erano due taniche piene di olio di oliva, di produzione familiare, che portavo, anzi trascinavo, e che dovevo vendere a Napoli. Rocco, il bigliettaio, fu, con premonitore intuito, più sgarbato e scortese del solito, quando, con l'aduso malumore, prese in consegna i miei due colli. Che furono sistemati sul tetto dell'autobus. La sgangherata corriera aveva percorso solo pochi chilometri, quando, all'interno dell'automezzo, si udì un improvviso, concitato, vociare. Che suonava come un richiamo allarmato. Alcuni passeggeri attiravano l'attenzione del personale su un insolito evento che stava accadendo sotto i loro occhi. Avevano notato che un liquido, chiaro e viscoso, scorreva lungo i finestrini posteriori della corriera. Si era d'estate e non pioveva. Quell'invocazione fu subito captata dal bigliettaio. Che si alzò di scatto e chiese all'autista di fermare l'autobus. Mi guardai intorno, sgomento e presàgo. Mi resi subito conto che ero io il reprobo, l'autore indiretto del misfatto. L'untore. L'irato controllore, smoccolando, salì sul tetto dell'autobus. Controllò le due taniche. Gli ci volle poco per rendersi conto che una "perdeva": la chiusura non era a tenuta stagna. Le sollevò entrambe e, con sguardi biechi e furenti di ira, a me rivolti, le depositò nell'abitacolo. - Tiénile ferme tra le gambe! - mi disse iracondo. Quell'infortunio lo aveva reso imbufalito. (…) CAPITOLI La storia è narrata in 10 capitoli, senza titolo. Ogni capitolo è diviso in due parti. Nella prima sono raccontati episodi dell'adolescenza, della formazione scolastica, del soggiorno in varie pensioni, del primo impiego nella scuola, fino alla presa di servizio come preside; nella seconda sono riportati episodi vissuti da preside in vari istituti del Nord, procedendo all'indietro nel tempo, dal "commiato" dalla scuola fino al primo incarico. Nell'ultimo capitolo, i due percorsi temporali inversi (comunque non lineari, ma "a salti") si congiungono. I – Partenza dal paesino per il Regno Unito – Commiato dalla presidenza e dalla scuola – Le qualità di un buon preside. II – Il maestro Barnabà, soldato sbandato nel '43, mi insegna la lingua italiana – Primo campionario di professori e professoresse frequentatrici abituali della presidenza – Una collega preside ancora vergine – Una collega battona. III – La scuola elementare del paesino – I consigli del maestro – Maldicenze sui presidi ascoltate durante una festa di docenti. IV – Viaggio sul carro bestiame per l'esame ad Eboli – Arrivo in città per frequentare la scuola media – Ancora sulle qualità di un buon preside e di un buon docente – I corsi abilitanti – Mi assegnano la presidenza di un concorso ordinario a cattedra – Vari momenti del concorso. V – Partenza per il collegio – Vita di collegio – Il battesimo come preside – Segretari e bidelli – Il bidello mi dà del "tu lei". VI – Vita nel paesello natio – Scorribande adolescenziali – Incontro con l'eros – Secondo campionario di docenti. VII – Arrivo nel Regno Unito – Soggiorno presso il compaesano Gennarino e la sua matura Miss scozzese – Vita da lift-boy – Campionario di genitori ricevuti in presidenza. VIII – Vita universitaria – Soggiorno in diverse pensioni di Napoli – Una ragazza disinvolta – Genitori e studenti problematici. IX – Ancora nelle pensioni napoletane – Una padrona di casa non più “chiusa” – I miei docenti del collegio e del liceo - Saggezza antica e di strada. X – Il giorno della laurea – Il lavoro da galoppino – Il primo impiego da docente in Lambretta – Il telegramma sabotato – Il trasferimento al Nord – In pensione dalla signorina Milo, conosco la mia futura moglie. QUARTA DI COPERTINA - E' difficile oggi fare il preside di un istituto scolastico. Si parla molto dei vari problemi della scuola, a tutti i livelli, spesso dimenticando che questi, invariabilmente, ricadono sulla presidenza. Ma qual è il panorama che si gode (si fa per dire) da tale punto di vista? Senza dubbio, il “romanzo” di Luigi Balbi è alquanto singolare. Le storie qui raccontate vanno dai suoi primi passi da scolaro agli ultimi da dirigente, in entrambi i casi, a suo dire, incerti e malfermi. Nella sua memoria, gli episodi si sovrappongono e si rincorrono, con salti temporali e continui voli pindarici, in tutte le direzioni, sicché si procede in un'atmosfera di sogno, tuttavia straordinariamente vivida. Cercando un filo conduttore fra i ricordi, tutti in qualche modo legati alla scuola, il titolo “apre una finestra”, per così dire, dalla presidenza, su questo variegato mondo, dove capita di tutto, e un bidello dialettofono si rivela molto più umano di tanti pretesi docenti. Luoghi privilegiati, oltre alla scuola, sono le diverse pensioni dove l'autore ha soggiornato da studente, spesso letteralmente “fuggendo” dall'una all'altra, ricche comunque di varia umanità, e anch'esse, a loro modo, educative. Il lettore viene coinvolto subito nel racconto, e l'olio che cola giù dai finestrini della corriera, nelle prime pagine, è come l'inquietudine che accompagna costantemente il protagonista, nella sua marcia di avvicinamento alla scuola, che ad un certo punto sembra invertirsi e diventare allontanamento. Soprattutto, gli dà molte preoccupazioni una definizione ascoltata nell'ambiente: “il preside è un docente andato a male”. Rischiava anche lui? Era già andato a male? Possiamo immaginarlo, mentre si pone questa domanda, seduto alla scrivania della presidenza, con le mani nei capelli residui, alla fine di una giornata radiosa come molte altre. La risposta, e la sua tranquillità, gli sembrano legate strettamente ad un altro quesito, non tanto “come ho fatto ad arrivare fin qui?”, ma piuttosto “come faccio ad uscirne al più presto”?