Emmanuel Carrère, "Il Regno"
Adelphi | 2016 | ISBN: 8845930750 | Italian | EPUB/AZW3/MOBI | 428 pages | 0.4/ MB
Adelphi | 2016 | ISBN: 8845930750 | Italian | EPUB/AZW3/MOBI | 428 pages | 0.4/ MB
«In un certo periodo della mia vita sono stato cristiano» scrive Emmanuel Carrère nella quarta di copertina dell'edizione francese del Regno. «Lo sono stato per tre anni. Non lo sono più». Due decenni dopo, tuttavia, prova il bisogno di «tornarci su», di ripercorrere i sentieri del Nuovo Testamento: non da credente, questa volta, bensì «da investigatore». Senza mai dimenticarsi di essere prima di tutto un romanziere. Così, conducendo la sua inchiesta su «quella piccola setta ebraica che sarebbe diventata il cristianesimo», Carrère fa rivivere davanti ai nostri occhi gli uomini e gli eventi del I secolo dopo Cristo quasi fossero a noi contemporanei: in primo luogo l'ebreo Saulo, persecutore dei cristiani, e il medico macedone Luca (quelli che oggi conosciamo come l'apostolo Paolo e l'evangelista Luca); ma anche il giovane Timoteo, Filippo di Cesarea, Giacomo, Pietro, Nerone e il suo precettore Seneca, lo storico Flavio Giuseppe e l'imperatore Costantino – e l'incendio di Roma, la guerra giudaica, la persecuzione dei cristiani; riuscendo a trasformare tutto ciò, è stato scritto, «in un'avventura erudita ed esaltante, un’avventura screziata di autoderisione e di un sense of humour che per certi versi ricorda "Brian di Nazareth" dei Monty Python». Al tempo stesso, come già in "Limonov", Carrère ci racconta di sé, e di sua moglie, della sua madrina, di uno psicoanalista sagace, del suo amico buddhista, di una baby-sitter squinternata, di un video porno trovato in rete, di Philip K. Dick, e di molto, molto altro.
Un certo stupore sorge spontaneo quando un affermato romanziere e sceneggiatore, che definisce se stesso «uno scettico, un agnostico – nemmeno abbastanza credente da essere ateo», decide di accostarsi «da investigatore» alla vicenda della nascita del cristianesimo e dedica così un libro a «il Regno», cioè non al Gesù storico o a quello dei Vangeli, ma al progressivo costituirsi di una religione fuoriuscita dall’ebraismo. Questo stupore non fa che crescere quando, già nelle prime pagine del libro, il lettore viene a sapere che l’autore – noto anche per un robusto laicismo – prende le mosse per questa indagine da diciotto quaderni di appunti biblici da lui stesi una ventina d’anni prima sullo slancio di una «conversione» che l’aveva portato ad abbracciare la fede cristiana.[…]
La piacevolissima scrittura di Carrère mescola dati ormai esegeticamente assodati con tradizioni di nullo fondamento, sfuma i confini tra il lavoro dello storico e l' immaginazione del romanziere e rilegge in modo un po’ troppo libero determinati eventi; ma l’insieme della narrazione è di rara efficacia. E il merito di questa sapidità delle parole di Carrère è data da una qualità che egli attribuisce al suo caro amico Hervé, ma di cui lui stesso non è affatto privo: «una sorta di stupore che impedisce a certe persone di vivere senza chiedersi perché vivono». Ecco, forse lo stupore è la chiave della ricerca di senso che attraversa le pagine de “Il Regno”, una ricerca che non si ferma di fronte all’apparente mancanza di risposte, ma scava più in profondità, magari smuovendo montagne di terra arida per giungere a un piccolo seme ancora fertile.[…]
In questo senso alcune intuizioni dell’autore si stagliano come perle tra le righe: la comprensione che in modo singolarissimo la «cristianità colloca la propria età dell’oro nel passato … in quei due o tre anni in cui Gesù ha predicato in Galilea» e che sono diventati «il momento della verità assoluta» per la Chiesa che «è viva solo quando si avvicina a quel momento». Oppure quando riprende l’osservazione di Jean Vanier su Gesù che «quando istituisce l’eucaristia si rivolge a tutti e dodici i discepoli insieme; ma quando si inginocchia e lava i piedi, lo fa a ciascun discepolo individualmente, toccando la sua carne». O ancora quando sottolinea l’errore di chi seguiva Gesù come un capo che avrebbe preso il potere: «Un capo lo si adora, lo si ammira. Ma l’ammirazione non è amore. L’amore richiede vicinanza, reciprocità, accettazione della vulnerabilità».
Enzo Bianchi, Tuttolibri- LaStampa
Emmanuel Carrère (Parigi, 1957) è uno scrittore, sceneggiatore e regista francese.
Laureato all'Istituto di Studi Politici di Parigi, è figlio di Louis Carrère e della sovietologa e accademica Hélène Carrère d'Encausse, prima donna ad essere eletta nell'Académie française, figlia di immigrati georgiani che fuggirono dalla Rivoluzione russa.
I suoi esordi sono stati nella critica cinematografica, per «Positif» e «Télérama»; il suo primo libro, Werner Herzog, un saggio, è stato pubblicato nel 1982.
Il suo esordio come romanziere risale invece al 1983: è L'amico del giaguaro, pubblicato da Flammarion. Il successivo Bravura (1984, in Italia pubblicato nel 1991 da Marcos y Marcos), invece, è stato pubblicato da POL, editore con il quale da allora non ha più interrotto i rapporti. Nel 1986 è uscito Baffi (da cui nove anni dopo lo stesso Carrère ha tratto l'omonimo film), nel 1988 Fuori tiro, nel 1995 La settimana bianca, nel 2000 L'avversario, nel 2002 Facciamo un gioco, nel 2007 La vita come un romanzo russo, nel 2009 Vite che non sono la mia e nel 2012 Limonov (con il quale vince il Prix Renaudot).
Tradotta in Italia dal 1996 al 2011 per l'editore Einaudi, che ne ha pubblicato 5 titoli, l'opera di Carrère viene rilanciata nel 2012 da Adelphi con la biografia del controverso personaggio Limonov, bestseller di vendite, e la ripubblicazione delle opere precedenti. Nel 2015 sempre per Adelphi è uscito l'attesissimo "Il regno".